sabato 4 febbraio 2012

Spinoza ha anticipato Gazzaniga di 300 anni.


Spinoza ha anticipato Gazzaniga di 300 anni eppure pare che Homo Sapiens non si sbatta né il primo né il secondo.  “Gli uomini si credono liberi soltanto perché sono consapevoli delle proprie azioni e inconsapevoli delle cause che le determinano” un periodo assertivo, quasi da Bacio perugina, quale occorre. Tratto da “L’ethica”, monumentale opera scritta dall’ottico olandese, esempio di libero pensiero che ha addirittura lasciato dire a Hegel “Philosophieren ist Spinozieren”, rivela la subordinazione intrinseca della coscienza nella fisiologia del sistema nervoso.  Lasceremo spiegare il tutto a Gazzaniga e al suo straordinario lavoro “Un cervello, due menti” (1972). Gli esperimenti che alimentano quest’articolo scientifico sono stati condotti su pazienti “scissi”, pazienti cioè la cui epilessia aveva acquisito una dimensione tanto grave da dover ricorrere a un intervento chirurgico consistente nel tagliare le connessioni nervose tra i due emisferi cerebrali, il corpo calloso. Gazzaniga dimostrò che i due emisferi in questi soggetti non comunicano più e siccome l’area del linguaggio risiede solitamente nell’emisfero di sinistra, il paziente saprà esprimere solo ciò di cui quest’emisfero è a conoscenza. Se si benda il paziente e gli si chiede di toccare un oggetto con la mano sinistra, egli non saprà descrivere tale informazione tattile poiché le fibre nervose sensitive afferenti al sistema nervoso centrale dalla metà sinistra del corpo decussano la linea mediana e giungono all’emisfero destro isolato dal sinistro e quindi dall’area del linguaggio. Quest’esperimento molto semplice è servito da guida per altri, uno dei quali di importanza fondamentale. Se si induce segretamente l’emisfero destro ad avere una reazione, l’emisfero sinistro sarà capace di percepirla, ma rimarrà all’oscuro della sua motivazione. In che modo dunque la coscienza tratta il materiale inconscio? Ebbene, se si chiede a questi pazienti il perché della loro reazione, essi verbalizzano ciò che l’emisfero sinistro riesce a dedurre dalla situazione, inventando delle spiegazioni come se sapessero realmente cosa sia accaduto. LeDoux, un neurobiologo che ha collaborato con Gazzaniga in questi esperimenti, riporta nel suo libro “Il cervello emotivo” il comportamento dei pazienti: “se ordinavamo all’emisfero destro di salutare con la mano, il paziente salutava. Quando gli chiedevamo il perché, diceva che aveva creduto di vedere un conoscente. Se ordinavamo all’emisfero destro di ridere, il paziente ci diceva che eravamo buffi”. Le spiegazioni dei pazienti scissi non sono prodotte dalla conoscenza del perché delle azioni, ma solo in base alla percezione delle azioni stesse. Da tali esperimenti fu quindi dedotto che “molte delle nostre azioni hanno motivi di cui non siamo consapevoli (perché il comportamento è prodotto da sistemi cerebrali che operano inconsciamente) e che uno dei principali compiti della coscienza è quello di ricucire la nostra vita in una storia coerente, in un concetto del sé. Lo fa generando delle spiegazioni del comportamento sulla base dell’immagine di sé, dei ricordi del passato, delle aspettative del futuro, della situazione sociale presente e dell’ambiente fisico in cui quel comportamento è prodotto” (LeDoux, Il cervello emotivo).
Anche se irrelata dagli esperimenti di Gazzaniga, quanto detto da Spinoza appare ora più chiaro. L’importanza del periodo Spinoziano rimane tuttavia sottostimata. Homo Sapiens continua a ignorare che la sua coscienza è in realtà un accessorio comparso nella filogenesi.
Tutto il comportamento umano è determinato per riflesso, dunque è scatenato da processi inconsci. La cosa è anche più intuitiva di quanto si possa credere. Il riflesso è, per quanto semplice, una conquista complessa nella filogenesi e oltre che complessa è estremamente efficace: dunque perché non sfruttarla? Nello sviluppo successivo del sistema nervoso, gli errori accumulatisi hanno portato a un intreccio sempre più intricato di questi circuiti fino ad arrivare a reti neurali capaci di elaborare quanto l’autore sta scrivendo in questo momento.
Il linguaggio, strumento di elezione della coscienza, è anch’esso prodotto di processi inconsci. Non si pianifica consciamente la grammatica su cui un discorso s’intesse, non vi è abbastanza tempo e la coscienza è tra tutti i processi neurali “l’ultimo a sapere delle cose”. Un esempio pratico di quanto si sta dicendo è la situazione di un individuo che provi a parlare una lingua straniera, quando insomma è un competente consapevole: l’elaborazione di un periodo di senso compiuto sarà il risultato di un pensiero cosciente che richiederà concentrazione per la ricerca di ciò che si è appreso in precedenza. Lo stesso ovviamente non avviene se si elabora un periodo nella propria lingua madre in cui si ha raggiunto un livello di competenza inconsapevole. Detto questo sembra che Skinner avesse ragione quando disse che la Stein esprimeva nella sua prosa le automatiche risposte verbali che abbiamo davanti a specifici stimoli, la sua arte dunque non era che un riflesso involontario. Gertrude Stein obbiettò la frase di Skinner affermando di arrivare a frasi come “una rosa tagliata rosa, un crollo ed un buco venduto, un po’ meno caldo” grazie a un eccesso di coscienza, l’extra-coscienza. Eppure se Dostoevskij afferma che “è proprio […] nella perfetta consapevolezza di ogni cosa che sta l’ebbrezza”, Gertrude Stein ha dovuto infine ritenersi sconfitta. Vittoriosa ne uscì la linguistica di Chomsky. Il concetto è semplice: la struttura del linguaggio fa parte della struttura del cervello. Le parole vengono disposte su binari che il nostro cervello traccia inconsciamente.
A derubare la coscienza della sua importanza sono intervenuti anche Nisbett e Wilson che con esperimenti molto banali ne hanno mostrato la fragilità. Mostrando ad alcune donne delle paia di calze, hanno chiesto di scegliere un paio e di motivare la loro scelta. Le donne hanno eseguito motivando riguardo colore, elasticità, trasparenza senza sapere che le calze erano tutte uguali. Credevano insomma di aver deciso sulla base di giudizi interiori di qualità, sbagliando sulle cause interne delle loro azioni.
I meccanismi interni di importanti aspetti mentali, inclusa la comprensione del perché facciamo quel che facciamo non sono necessariamente conoscibili dall’io cosciente. In conclusione, ricordando Gertrude Stein in “How to write”: “Come può essere la coscienza? Ciò nonostante”.
                                                                                                     Giammarco Cascino